Prossimo capitolo

TRE

Quella ragazza creava solo problemi.

Maria si trovava sempre più spesso a chiedersi perché avesse accettato di prenderla in casa. Lei e Antonio non avevano figli. Forse la colpa era sua, forse era di Antonio; non avevano mai approfondito la questione dato che lui non aveva mai accettato di sottoporsi a visite specialistiche o ad esami particolari. Antonio era “perfettamente maschio”, era in grado di fare all’amore tre volte nell’arco della stessa notte e ciò doveva essere più che sufficiente per fare figli. Se non ne venivano non dipendeva certo da lui: lui la faceva la sua parte! Il resto spettava a lei e al cielo.

A dire la verità l’ultima volta che l’avevano fatto tre volte nella stessa notte era ormai molto lontana nel tempo e anche gli amplessi meno focosi non erano tanto recenti.

In paese correvano voci. Oh, lei non avrebbe certo dovuto averne sentore, era l’ultima persona cui riferirle, ma c’è sempre chi si diverte a ferire il prossimo e quindi, in un modo o nell’altro, ne era venuta a conoscenza. Si diceva che Antonio si vedesse di nascosto con la Piera, impiegata all’ufficio postale, che non perdesse occasione di fermare anche altre donne facendo apprezzamenti più o meno pesanti, e che quando al bar del circolo beveva un po’ più del solito raccontasse che sua moglie non era buona a far figli perchè per troppo tempo educata dalle suore.

Maria sapeva che le voci esageravano, che trasformavano in relazione un saluto sulla porta dell’ufficio postale o uno sguardo lungo la via. Certo Antonio non si era rivelato come il periodo di fidanzamento le aveva fatto pensare, e i suoi sogni di ragazza non avevano trovato una grande realizzazione, ma in fondo aveva una casa propria, la cerchia degli amici, il suo lavoro estivo all’ Ufficio di Zona del Parco e quindici anni di matrimonio alle spalle. Quindici anni che l’avevano convinta che la vita era non tanto una tavolozza dai mille colori quanto più realisticamente una macchia infinita di grigio e che la felicità dei romanzi e dei film esiste appunto solo nei romanzi e nei film.

E adesso c’era anche il problema di Valentina.

Era con loro dall’inizio dell’anno scolastico. I genitori, sua sorella Dorina e il marito Patrizio, le avevano chiesto di ospitarla finchè non avessero risolto tutti i problemi della loro separazione. La realtà era che non volevano che la ragazza vedesse i propri genitori litigare e scambiarsi accuse reciproche di tradimenti, inganni e perfidie. Entro l’estate la situazione si sarebbe sicuramente definita, gli animi si sarebbero tranquillizzati, gli avvocati avrebbero raggiunto compromessi soddisfacenti per entrambi e Valentina avrebbe trovato una sistemazione definitiva. Per il momento, nella fase degli insulti e delle accuse, avevano deciso fosse meglio allontanarla, farle cambiare ambiente  e città e contemporaneamente fare in modo che non perdesse l’anno di scuola.

Maria aveva acconsentito di buon grado ad ospitare la ragazza perchè voleva molto bene alla sorella e alla nipote e avrebbe fatto qualunque cosa per aiutarle, inoltre pensava in segreto che una ragazza di diciassette anni, con la sua freschezza  e con i mutamenti che la sua presenza avrebbe causato, fosse anche una buona terapia per il proprio stanco menage famigliare: nuovi bisogni, nuove soluzioni.

In ogni caso sarebbe stata una novità e Maria aveva estremo bisogno di novità.

Antonio era stato subito d’accordo. Sicuramente, supponeva Maria, aveva pensato alle notevoli risorse economiche della cognata. In qualche modo ne sarebbe venuto un beneficio anche  a loro. E infatti l’assegno che giungeva puntuale ogni mese era più che generoso e solo una parte era necessaria per il mantenimento della nipote. Il resto lo investiva Antonio, e solo lui sapeva dove, anche se Maria era convinta che ne traessero maggior beneficio i vari bar del paese che non la loro vecchiaia.

Non erano i soldi il problema. Era Valentina.

A scuola non andava affatto bene, era svogliata, disattenta. A casa non studiava mai. Con Antonio non aveva mai legato ed anche con lei non è che fosse entrata tanto in sintonia. Sicuramente sentiva la mancanza dei genitori, nonostante le bollette del telefono fossero triplicate, o forse  era l’ambiente nuovo, e per così dire, “rustico”, rispetto a quello più mondano frequentato a Torino. Ultimamente poi aveva iniziato a bazzicare compagnie che non le piacevano affatto, ragazzi con l’orecchino e i jeans strappati, ragazze che fumavano e uscivano sole tutte le sere o quasi. E quelle orribili moto da cross che le facevano tanta paura!

Maria considerava Valentina intelligente e giudiziosa, molto matura per la sua età, ma ugualmente quel ruolo improvvisato di madre, con doveri ma senza diritti, le metteva angoscia. Si riteneva responsabile  ma allo stesso tempo senza l’autorità necessaria, non solo ad imporre ma nemmeno a spiegare, quello che in realtà era secondo lei il giusto comportamento per una ragazzina  della sua età.

Quale nuovo problema aveva  portato a casa quel giorno?

Gli amici l’avevano lasciata poco distante dal piccolo cortile molto prima di quanto lei si aspettasse tenendo conto che era sabato. E in effetti qualcosa doveva essere successo visto che era entrata in gran fretta e da vari minuti era chiusa in bagno.

« Valentina, qualche problema? »

« Niente zia. » la voce almeno sembrava normale.

« Sei sicura di stare bene. Ti posso aiutare? »

« Non ti preoccupare. Forse troppo sole. Faccio una doccia e mi stendo un po’ sul letto. »

« D’accordo. Chiama se hai bisogno» rimase qualche istante in ascolto

« Stasera frittata coi carciofi, va bene? »

« Si. Si. »

Qualcosa di strano doveva essere davvero successo: ritorno molto prima del previsto e cena in casa di sabato sera. Niente insistenze per la pizza o il giro in piazza.

Maria tornò in cucina a pulire i carciofi. Mentre li tagliava in sottili listarelle e li metteva a bagno in acqua e limone per non farli scurire, meditò sulle possibilità di qualche impegolamento sentimentale di Valentina.

« Sarebbe l’età giusta. Mi manca  solo questo. Già non so fare la madre della studentessa, figuriamoci quella della ragazzina con la cotta. Cosa dovrei fare, cosa dovrei dirle? I soldi di Dorina ci fanno comodo ma io non ho esperienza coi ragazzi. Ho ormai trentasei anni, sono troppo vecchia. Non so fare la moglie, come posso fare la mamma? Ah Valentina, dovevi essere una soluzione e sei solo un problema in più! »

 

Valentina aveva dato due giri di chiave alla porta del bagno, si era più volte lavata il viso con l’acqua fredda e incurante del nero della matita che ora le colava sulle guance, si stava guardando nello specchio.

« Sono io? Sono sempre io? Cosa cavolo mi è successo? »

Una forte sensazione di spersonalizzazione e irrealtà l’aveva colta nel momento in cui aveva guardato il vecchio sulla panchina. I loro occhi si erano agganciati per un istante e mille pensieri e visioni si erano accavallati in lei. Voleva fermarli, rivederli e studiarli; per questo si era fatta portare a casa anche se gli altri volevano restare ancora a Sullago: era sabato! Ma quando Vale si impuntava, otteneva sempre quello che voleva. Sapeva come usare la voce, quali intonazioni dare, come muovere gli occhi, come forzare la mano senza darlo a vedere, così Giorgio, Sandro e gli altri della banda l’avevano accompagnata fino alla casa degli zii salutandola e dandole appuntamento per l’indomani.

Cos’era successo a Sullago? Perchè quell’anziano signore l’aveva colpita tanto? Non era stato il modo in cui li aveva presi in giro, quello anzi era divertente. Era successo dopo, quando aveva incrociato il suo sguardo.

All’improvviso le era sembrato di conoscere quella persona, di avere tante cose in comune con quello sconosciuto. Sensazioni di libertà e di forza fisica, di poteri arcani e di magia. Impressioni vorticose e incontrollabili che aggrovigliavano i suoi nervi. Il suo corpo sembrava volersi rivoltare come una maglietta, tutti i muscoli contratti in uno spasmo di attesa. Tutto era avvenuto nell’arco di qualche decimo di secondo, quanto era bastato a stampare nella memoria i tratti di quel volto: gli occhi, le rughe e ogni più piccolo particolare.

Si asciugò la faccia e uscì dal bagno. Andò in camera e si sdraiò sul letto dopo aver socchiuso le imposte. Nella penombra era ancora più facile far riemergere quel viso così estraneo eppure famigliare e conosciuto; come un fratello che non vedi da tanto tempo; è cambiato ma tu sai chi è, ci sono caratteri e atteggiamenti che riconosci sotto i nuovi lineamenti. C’è un legame.

Doveva rivederlo, doveva assolutamente rivederlo e parlargli perchè aveva la strana certezza che anche in lui quell’ incontro avesse provocato qualcosa di particolare, di speciale.

Gli anziani, i vecchi, non avevano mai fatto parte del mondo di Valentina. Non si era mai fermata a pensare che un giorno anche loro erano stati giovani o che lei stessa sarebbe invecchiata. C’erano i vecchi e c’erano i giovani, ognuno aveva un ruolo. Non collegava le due situazioni fra di loro.

Sdraiata sul letto, impegnata a seguire la danza delle miriadi di particelle dorate che vorticavano nei fasci di luce filtranti dalle tapparelle, per la prima volta Valentina provò ad immaginarsi vecchia, debole, stanca e debilitata, ma sentiva la forza scorrere nelle vene, sentiva l’energia delle membra, la potenza della mente che trovava ogni giorno cento ragioni per crescere. Eppure un collegamento c’era. Cercò di capire quale legame potesse esistere tra lei e l’anziano sconosciuto, un legame che trascendeva l’età, la conoscenza, la parentela. Che metteva curiosità e paura. Ma che, forse proprio per questo, andava assolutamente indagato.