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Caro amico lettore,

se ora stai leggendo queste parole vuol dire che finalmente c’è l’ho fatta, che in qualche modo sono riuscito a sconfiggerLi, ad aggirarLi. Oppure che fin dall’inizio mi sono sbagliato e che una serie di sfortunate coincidenze mi ha portato sull’orlo della schizofrenia nonché a ritenermi molto più importante di quanto in realtà non fossi.

Per completare quest’opera, mi sono occorsi diversi anni di intuizioni, percezioni, pensamenti e ripensamenti. Pensieri e parole fermate di volta in volta sui materiali più strani, dalla busta della spesa ai fazzolettini di carta, dal bordo del giornale ai foglietti del notes che per vari anni ho imparato a tenere sempre a portata di mano, in auto, sul lavoro, nel bagno e sul comodino vicino al letto. E poi tre anni per scriverlo, correggerlo, riscriverlo e rivederlo. Ho finito un bel po’ di anni fa.

Il racconto è nato e si è sviluppato quasi autonomamente nella mia mente e se l’idea di fondo trova riscontro in una serie di fatti e racconti più o meno reali raccolti  in un soggiorno nel Parco Nazionale d’ Abruzzo, il tutto è stato rivissuto e interpretato alla luce di una marea infinita di letture infantili e giovanili in parte derise o osteggiate da amici, genitori e insegnanti.

Tutti i personaggi e le loro vicende sono naturalmente inventati  nonostante spunti, richiami, piccoli collegamenti si possano in qualche modo ritrovare nelle mie personali vicende ed esperienze e nelle persone che ho avuto vicino e che sempre hanno destato in me curiosità e interesse.

In passato avevo scritto, come gran parte degli adolescenti, poesie e brevi racconti rimasti in uno dei tanti cassetti che nel corso della vita chiudiamo e che poi difficilmente torniamo ad aprire.

Scrivendo questo romanzo non mi sono mai posto un fine particolare, non volevo “insegnare” niente, non volevo “istruire” nessuno, non volevo “significare” nulla. C’era solo questa storia che pian piano si formava nella mia mente, c’erano questi personaggi che man mano crescevano e si precisavano, che volevano nascere e vivere. Così ho dovuto raccontare i loro pensieri e le loro avventure con la sola preoccupazione di essere capito, di essere semplice e lineare. Non ho mai avuto contatti con scuole letterarie, non ho seguito corsi di letteratura o di composizione: ho scritto così come avrei raccontato a degli amici riuniti in salotto o sotto un portico d’estate, una storia capitata ad altri amici  e di cui ero a conoscenza.

I problemi sono cominciati dopo.

Incredibile ma vero, il primo editore cui sottoposi la mia storia, col solo intento di farla conoscere a più gente possibile, senza secondi fini, né di gloria economica (?) giacché mi guadagnavo da vivere, ed anche bene, con tutt’altro genere di lavoro, né di gloria letteraria (??) giacché il mio lavoro mi piaceva e non volevo cambiarlo, (e nemmeno volevo diventare scrittore tout court visto che non avevo altre storie da raccontare) accettò subito di pubblicarlo.

E veniamo ai problemi.

L’editore ha già acquistato l’opera, siamo d’accordo sul compenso, sui diritti e su tutto il resto, quando, all’improvviso cambia repentinamente idea, mi restituisce il manoscritto e mi fa capire che difficilmente qualche altra casa editrice sarà interessata a pubblicarlo.

Spiegazioni valide: nessuna.

Così è.

Mi rivolgo ad altri editori ma nessuno accetta il manoscritto (alcuni, sentito il mio nome nemmeno lo prendono in visione). Però mi fanno capire che l’idea è buona, che lo stile non è dei peggiori, che in fondo…

Ma di pubblicarlo nemmeno a parlarne, anzi meglio sarebbe proprio dimenticarlo, buttarlo, distruggerlo.

Dopo parecchi mesi e svariati tentativi arriva la rassegnazione; come già detto non sono uno scrittore, né sono bruciato dal sacro fuoco dell’arte a tutti i costi, semplicemente volevo raccontare una storia che mi sembrava interessante. Il mio mestiere è un altro. Non c’è problema.

E invece i problemi ci sono. Eccome.

Un bel mattino alcune persone che si definiscono giornalisti mi vengono a trovare  e mi chiedono insistentemente da quali fonti ho ricavato la mia storia. Dalle domande deduco che conoscono alla lettera il mio racconto. Ma come è possibile? Come l’ hanno avuto? Rispondo che è tutto frutto della mia fantasia. Non si arrendono e insistono. Anch’io. Alla fine si convincono, ma mi convinco anch’io che sono convinti del contrario.

Poi mi arriva un’offerta economica molto vantaggiosa: devo cedere il romanzo in cambio di una cifra più che interessante. Leggendo fra le righe scopro però che perdo tutti i diritti sulla mia opera. Tutti e di qualunque genere. Non mi piace e non ci sto. Tutto sembra finire lì.

Da quel momento inizia la serie delle “coincidenze negative”.

Dapprima trovo il mio appartamento visitato da ladri che non si accontentano del denaro liquido e degli oggetti preziosi ma sventrano letteralmente  mobili e arredi. Semplici e fottuti vandali tossici, spiegano i carabinieri. Poi il lavoro comincia ad andare male, senza addentrarmi in particolari dirò solo che perdo molti clienti ormai fissi da anni, i quali pur rinunciando alle mie prestazioni mi dimostrano comunque stima ed affetto. Uno addirittura mi confida « Mi dispiace. Non è colpa mia ». In fondo la mia è una libera professione e per un cliente perso posso sempre cercarne altri. Inoltre vari anni di duro lavoro mi hanno permesso di fare qualche investimento che comincia a dare ottimi frutti per cui una diminuzione di lavoro non mi preoccupa più di tanto anche se mi amareggia moltissimo.

Infine le cose più pericolose: tre gravi incidenti nel giro di quattro mesi. Un camion, poi risultato rubato, mi distrugge completamente la macchina ed io mi salvo per miracolo (pirati della strada), mia moglie sfugge fortunosamente ad un tentativo di sequestro (giovinastri in cerca di emozioni da Arancia Meccanica), la roulotte al mare si incendia di notte quando io avrei dovuto essere all’interno (probabilmente un corto circuito).

E nel frattempo, varie volte torna alla carica il “compratore mascherato” che vuole il romanzo e tutti i diritti. La storia mi puzza sempre più; ora mi sembra di viverlo un romanzo e vedo minacce in ogni cosa. Mi convinco che senza volere ho scritto qualcosa che ha intaccato gli interessi di Qualcuno. Evidentemente Qualcuno molto importante. Ma  può essere? O più semplicemente la delusione nel non vedere pubblicato il mio lavoro dopo le speranze iniziali, si è rivoltata contro di me in modo subdolo e sotterraneo provocandomi una bella mania di persecuzione?  Ed allora il “compratore mascherato”? Perchè vuole il romanzo se davvero non vale nulla?

Dall’ultimo “incidente” è passato un bel po’ di tempo, mia moglie ora non c’è più e figli non ne sono mai arrivati; ho cambiato, e di molto, il mio indirizzo, vivo nell’anonimato più completo, faccio ancora qualche lavoretto per tenermi attivo anche se ormai non ne avrei più bisogno. Vivo bene, apparentemente sereno, godendomi, purtroppo da solo, i frutti di tutta una vita di intenso lavoro.

Ma il tarlo è tornato ultimamente a rodermi. E con denti molto aguzzi.

Così ho ripreso il mio vecchio romanzo, ho apportato quelle poche modifiche che servivano a renderlo più attuale, ed ho provveduto a farlo stampare e distribuire a mie spese anche se ciò mi è costato un vero capitale (d’altra parte alla mia età mi sono reso conto che mi interessa sempre meno essere ricordato come il più ricco del cimitero).

Questo per togliermi uno sfizio finale: giunto quasi alla fine della corsa ho voluto vedere stampato quel vecchio racconto.

O forse anche quest’ultimo tentativo non è altro che una ulteriore scusa per mettere alla prova la mia sanità mentale: qualcuno mi controlla ancora? Qualcuno pensa ancora che nella mia storia ci siano verità o comunque indizi che la gente non deve conoscere? Esistono davvero gli Uomini in Nero?

Caro lettore, se stai leggendo queste mie parole questo significa che probabilmente mi sono inventato tutto, che nessuno mi ha mai perseguitato, che nessuno ha mai attentato alla mia vita o a quella della mia compagna. Potrebbe però anche voler dire che Qualcuno ha deciso che oramai questa storia non può dare poi tanto fastidio, che i tempi sono cambiati, che un’opera di fantasia viene dal lettore considerata solo, appunto, come  un’opera di fantasia.

Ma allora nel mio racconto c’è o no qualche verità nascosta,  c’è o no un briciolo di potere scardinante il nostro modo secolare e unidirezionale di pensare e di vedere il mondo che ci circonda?

Quello che ora massimamente mi angustia è proprio legato alle risposte che potrebbe avere tale domanda.

E so che fino alla morte (e neppure un istante prima) non avrò modo di saperlo.